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Noveritis 2016


Quando togliere il presepe?

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Quando si toglie il presepe? Dopo l’Epifania o dopo la Candelora? A quest’interrogativo cerchiamo di dare una risposta.


Quando togliere il presepe?

Prima o dopo il Battesimo del Signore?


Nota di Mil: noi siamo per la presentazione del Signore (2 febbraio) o addirittura, come era uso in molti conventi francescani, appena prima di Quaresima....

Nella sua rubrica di liturgia, padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e Decano di Teologia presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, risponde oggi ad una domanda posta da un lettore in Sudafrica.

La mia domanda è semplice ma talvolta c’è confusione: quando andrebbe tolto il presepe o scena della Natività in chiesa? Andrebbe fatto prima del Battesimo del Signore o dopo? -- M.M., Città del Capo, Sudafrica

Questa e altre domande simili sorgono quasi ogni anno intorno a questo periodo, quindi parte di ciò che diremo adesso sarà già stata pubblicata nelle risposte precedenti. Non c'è un grande accordo su quello che potrebbe essere ritenuto magistero sul presepe e altre tradizioni natalizie. La maggior parte di queste tradizioni sono abituali e quindi non definite da norme ufficiali. Dal momento che nelle usanze esistono varianti legittimate, non vi è per questa domanda una risposta necessariamente giusta o errata.

Dipinti, mosaici e rilievi hanno raffigurato la Natività sin dai tempi più antichi. E' possibile che una delle prime rappresentazioni di un presepe fosse una cappella fatta costruire da papa Sisto III (432-440) come rappresentazione della grotta di Betlemme. Questa piccola cappella, ormai andata completamente perduta, era adiacente alla basilica di Santa Maria Maggiore, la cui costruzione era stata iniziata dallo stesso Pontefice. I rilievi ritenuti appartenenti alla mangiatoia originale erano stati inizialmente collocati in questa cappella nel VII secolo e si trovano adesso sotto l'altare maggiore della basilica.

Esistono tuttavia alcune linee guida che manifestano il pensiero della Chiesa in materia del presepe. A livello universale il Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia, Principi e Orientamenti contiene alcune pertinenti indicazioni che enfatizzano l'importanza di collocare un presepe sia in casa sia in chiesa durante questo periodo. Riguardo al presepe in n. 104 dice:

“104. Come è noto, oltre alle rappresentazioni del presepio betlemita, esistenti fin dall’antichità nelle chiese, a partire dal secolo XIII si è diffusa la consuetudine, influenzata senza dubbio dal presepe allestito a Greccio da san Francesco d’Assisi nel 1223, di costruire piccoli presepi nelle abitazioni domestiche. La loro preparazione (in cui saranno coinvolti particolarmente i bambini) diviene occasione perché i vari membri della famiglia si pongano in contatto con il mistero del Natale, e si raccolgano talora per un momento di preghiera o di lettura delle pagine bibliche riguardanti la nascita di Gesù.”

Questo viene rafforzato dal n. 111:

“111. Nella Messa di mezzanotte, di grande significato liturgico e di forte ascendente popolare potranno essere valorizzati:

- all’inizio della Messa, il canto dell’annuncio della nascita del Signore, nella formula del Martirologio Romano;

- la preghiera dei fedeli dovrà assumere un carattere veramente universale, espresso anche, ove ciò sia pertinente, attraverso il segno della pluralità delle lingue; e nella presentazione dei doni all’offertorio vi sarà sempre un concreto ricordo dei poveri;

- al termine della celebrazione potrà aver luogo il bacio dei fedeli all’immagine del Bambino Gesù e la collocazione di essa nel presepio allestito in chiesa o nelle adiacenze.”

I vescovi diocesani possono inoltre emanare linee guida locali che andranno sempre tenute da conto.

Riguardo alla domanda su quando togliere il presepe, ancora una volta le usanze variano da un luogo all’altro, e non esiste una regola assoluta. In alcune località può essere usanza togliere il presepe dopo l'Epifania. In altre, e forse più comunemente, dopo la festività del Battesimo del Signore, che segna la fine del tempo ufficiale del Natale nel calendario attuale.

Questa festività si celebra solitamente la domenica dopo l'Epifania. Tuttavia, nei Paesi in cui l'Epifania è spostata alla domenica tra il 2 e l'8 gennaio, la festività viene celebrata di lunedì, il 9 gennaio, anche qualora il giorno di Natale capiti di domenica e l'Epifania cada l'8 gennaio. In questo caso la stagione del Natale termina di lunedì anziché di domenica.

In alcuni Paesi non è inusuale mantenere alcune delle decorazioni natalizie sino alla festività della Presentazione del Signore, il 2 febbraio. San Giovanni Paolo II Papa faceva la sua ultima visita al presepe in Piazza San Pietro dopo aver celebrato la Messa serale del 2 febbraio. Dopo questa visita la scena della Natività veniva smantellata.

Ciò corrisponde a un'usanza di lunga data in cui la vigilia della Candelora era il giorno per la rimozione delle decorazioni natalizie, specialmente quelli costituiti da piante. Questa tradizione è testimoniata dal poeta Robert Herrick (1591-1654) in due dei suoi poemi, uno dei quali è intitolato Cerimonia per la Vigilia della Candelora:

“Down with the rosemary, and so / Down with the bays and mistletoe; / Down with the holly, ivy, all, / Wherewith ye dress'd the Christmas Hall.”

(“Via il rosmarino, e così / Via gli allori e il vischio; / Via l'agrifoglio, l'edera, e tutto, / Con il quali avete addobbato la sala da pranzo per il Natale.”)

Herrick riprende un tema simile nei primi versi della strofa più lunga:

“Down with the rosemary and bays,/ Down with the mistletoe; / Instead of holly, now up-raise, / The greener box (for show). / The holly hitherto did sway; / Let box now domineer, / Until the dancing Easter day, / Or Easter's eve appear.”

(“Via il rosmarino e gli allori, / Via il vischio; / Invece dell'agrifoglio, ora innalzate, / il più verde bosso – per fare bella figura. / L'agrifoglio finora ha dominato; / Lasciate ora dominare il bosso, / sino a che il danzante giorno di Pasqua / o la vigilia di Pasqua, apparirà.”)

Di conseguenza, visto il rischio di aumentare lo stato di confusione, posso solo dire che la migliore opzione sia di mantenere le usanze già esistenti in ogni località.


[Traduzione dall’inglese a cura di Maria Irene De Maeyer]

Fonte: Zenit, 18.12.2015, ripreso dal blog MIL Messainlatino, 4.1.2016

Cuore dell'uomo, Dio e il mondo in un aforisma di S. Gregorio Magno

I Magi e l’Epifania del Signore

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Nella solenne festa dell’Epifania di nostro Signore, ricordando che “Tribus miráculis ornátum diem sanctum cólimus: hódie stella Magos duxit ad præsépium: hódie vinum ex aqua factum est ad núptias: hódie in Jordáne a Joánne Christus baptizári vóluit, ut salváret nos, allelúja”, “Tre prodigi celebriamo in questo giorno santo: oggi la stella guida i magi al presepe, oggi l’acqua è mutata in vino alle nozze di Cana, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluja” (Antifona al Magnificat, Secondi Vespri dell’Epifania), rilancio questo contributo di Cristina Siccardi.


Matthias Stomer, Adorazione dei Magi, XVII sec.

Fray Juan Bautista Maíno, Adorazione dei Magi, 1612-14, Museo del Prado, Madrid

Diego Rodríguez de Silva y Velázquez, Adorazione dei Magi, 1619, Museo del Prado, Madrid 

Pedro Núñez del Valle, Adorazione dei Magi, 1631, Museo del Prado, Madrid

Carlo Dolci, Adorazione dei Magi, 1633-34, Kelvingrove Art Gallery and Museum, Glasgow




Carlo Dolci, Adorazione dei Re, 1649, National Gallery, Londra

Pieter Paul Rubens, Adorazione dei Magi, 1609, Museo del Prado, Madrid



Pieter Paul Rubens, Adorazione dei Magi, 1620 circa, Hermitage, San Pietroburgo

Carlo Maratti, Adorazione dei magi, XVIII sec., Hermitage, San Pietroburgo

Paolo Veronese, Adorazione dei magi, 1570 circa, Hermitage, San Pietroburgo

Paolo Veronese, Adorazione dei magi, 1573, Chiesa di Santa Corona, Vicenza

Alexandre-François Caminade, Adorazione dei Magi, 1831 circa, Chiesa di Saint-Étienne-du-Mont, Parigi

I Magi e l’Epifania del Signore


di Cristina Siccardi


Siamo ancora nel Presepe. Gesù è nato. I pastori, avvertiti dall’Angelo, sono giunti nella Notte Santa per adorare Colui che spaccò la storia umana e portò la Salvezza. I primi a sapere della nascita del Salvatore furono alcuni pastori del popolo eletto, avvisati da un angelo del Signore e poi il Salvatore si manifestò ai pagani.


«Da pochissimi giorni abbiamo celebrato il Natale del Signore», spiega sant’Agostino«in questo giorno celebriamo con non minore solennità la sua manifestazione, con la quale cominciò a farsi conoscere dai pagani. In quel giorno i pastori giudei lo videro appena nato, oggi i magi venuti dall’Oriente lo hanno adorato. Era nato infatti colui che è la pietra angolare, la pace fra le due pareti, provenienti dalla circoncisione e dalla incirconcisione, provenienti da opposte direzioni; perché si unissero in lui che è diventato la nostra pace e che ha fatto dei due un popolo solo. Tutto è stato prefigurato per i Giudei nei pastori, per i pagani nei magi. Di lì ha avuto origine quel che doveva portare frutti e crescere per tutto il mondo» (Discorso 201, Epifania del Signore).


Che cosa videro i pastori prima e i Magi d’Oriente dopo? Non videro soltanto Gesù, ma una famiglia. Dio scelse una famiglia composta da madre e padre per entrare nel mondo, e scelse una famiglia composta da madre e padre per manifestarsi al mondo. Pastori e Magi dovettero chiedere il permesso a San Giuseppe e a Maria Santissima per vedere il Salvatore e il Re dei Giudei. Dio scelse la famiglia per nascere e per crescere e così facendo nobilitò divinamente la famiglia, la famiglia secondo il Cuore di Dio, intesa come unione stabile fra un marito ed una moglie, primo ed unico modello invariabile di famiglia cristiana. Tutti gli altri surrogati di coniugio non appartengono alla volontà di Dio e sono contro la stessa ragione umana.


La famiglia cristiana è, invece, quel luogo dove, essendoci Cristo al centro, ogni fatica ed ogni prova viene superata con serenità perché: «(…) io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11, 28-30). I pastori Giudei sono stati condotti all’Emmanuele grazie all’annuncio di un angelo, i Magi pagani grazie all’apparizione di una stella cometa.


Di fronte a pastori e Magi un incanto mistico e terreno insieme, il Regno di Dio armonicamente innestato nel mondo: una Santa famiglia, un angelo dal Cielo, affiancato da una moltitudine dell’esercito celeste ed una stella nel Cielo per l’entrata nella Storia del Verbo. «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà», così lodò l’Onnipotente il coro angelico. Quella buona volontà così rara da trovare, soprattutto in questi sbalestrati tempi, in cui si pensa di essere e di agire senza aver bisogno del Creatore. Che cosa sono scienza e tecnologia senza la coscienza di essere figli di Dio?

«Questa stella – spiega ancora sant’Agostino – ha scompigliato i computi privi di fondamento degli astrologi e i loro presagi, mentre ha fatto intendere agli adoratori degli astri (adoratori della scienza diremmo oggi, ndr) che bisogna piuttosto adorare il creatore del cielo e della terra. Nella sua nascita fece apparire una stella nuova colui che nella sua morte oscurò l’antico soleIn quella luce ha avuto inizio la fede dei pagani (…). Che cosa era se non splendida lingua del cielo per narrare la gloria di Dio, per gridare a tutti con insolito bagliore l’insolito parto di una vergine? Della sua mancata apparizione successiva ha preso il posto il Vangelo nel mondo intero. Che cosa dissero i magi giungendo a Gerusalemme? Dove è nato il Re dei Giudei? Che cosa significa questa domanda? Non erano nati precedentemente tanti re dei Giudei? Perché desideravano così ardentemente conoscere e adorare il re di un popolo straniero? Abbiamo visto infatti – aggiunsero – la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo. L’avrebbero ricercato con tanta passione, l’avrebbero desiderato con tanto pio affetto se non avessero riconosciuto nel re dei Giudei anche il re dei secoli?» (ibidem).


I Magi rappresentano la primizia del nostro Credo. Così esprime la grandezza della manifestazione dell’Unto di Dio papa Leone Magno: «E come essi dai loro forzieri presentarono al Signore i mistici doni, così dai nostri cuori presentiamo ciò che è degno di Dio. Quantunque egli infatti sia l’elargitore di tutti i beni, cerca tuttavia anche il frutto della nostra buona volontà: il regno dei cieli non è infatti per chi dorme, ma per chi fatica e veglia nella legge del Signore» e la legge del Signore si identifica con il vero bene di ciascuno. «Così, se non renderemo inutili i suoi doni, meriteremo, per ciò che ci ha dato, di ottenere ciò che ci ha promesso. Onde esortiamo la vostra carità che vi asteniate da ogni opera cattiva e vi dedichiate alla giustizia ed alla castità. I figli della luce devono infatti rigettare le opere delle tenebre (cf Rm 13, 12). Perciò fuggite l’odio, rigettate la menzogna, distruggete la superbia con l’umiltà, rifiutate l’avarizia, amate la generosità: è ben giusto che le membra si addicano al loro capo. In tal modo saremo degni di partecipare alla beatitudine promessaci» (Sermoni, 32, 4).


Quando la Chiesa presenta in questi termini l’Epifania del Signore allora possiamo essere tranquilli di professare la Fede in Cristo. Dal Concilio Vaticano II la Chiesa ha temporaneamente scelto di farsi più umana e ogni anno che passa è sempre più umana; accantonando e spesso disprezzando la dimensione soprannaturale siamo costretti a sentirci dire:

«Le genti divengono discepole quando cercano con sincerità, si aprono con audacia e si mettono in cammino senza indugio. Quanti uomini e quante donne, dall’oriente e dall’occidente, dal nord e dal sud, come questi magi cercano il bene, si sentono viandanti, in cammino, si esercitano a riconoscere la salvezza come umanizzazione e lavorano perché l’umano sia sempre più umano. (…) L’Epifania è manifestazione della vera regalità a tutti, cristiani e non cristiani» (Enzo Bianchi, L’Epifania, manifestazione dell’anti-regalità di Gesù, 6 gennaio 2016, http://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.it/2016/01/enzo-bianchi-commento-vangelo-6-gennaio.html). «Sul loro esempio [dei Magi, ndr], noi cristiani siamo disposti a cercare con umiltà quella verità che sempre ci precede e che alla fine della storia ci accoglierà, insieme a tutti gli uomini, nel Regno?» (Enzo Bianchi, Epifania del Signore, 6 gennaio 2015, http://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.it/2015/01/enzo-bianchi-commento-vangelo-epifania.html).


Finché non si tornerà a riconoscere che la regalità universale appartiene soltanto a Cristo e non all’uomo – uomo che si può salvare soltanto in virtù di Cristo – la Chiesa continuerà a perdere la fiducia dei credenti: l’emorragia è già iniziata e nessun Giubileo della Misericordia potrà porvi rimedio. I Magi andarono ad adorare il Re dei Giudei, il Figlio di Dio, incarnato e morto per riscattare ogni anima dalla schiavitù luciferina del peccato, e gli donarono l’incenso, che veniva usato nel tempio, per omaggiare il Sacerdozio di Gesù; l’oro, riconoscendo la sua regalità; la mirra, usata nella preparazione dei corpi per la sepoltura, indicando così l’espiazione dei peccati attraverso la morte. Che piaccia o non piaccia, la porta è stretta. Quando un tale chiese a Gesù «Signore, sono pochi quelli che si salvano?», il Salvatore rispose con eloquenza: «Sforzatevi (letteralmente dal greco «agonizzate», ndr) di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno» (Lc 13, 23-34). Non basta essere uomini per ottenere la salvezza.


PVBLICATIO FESTORVM A.D. 2016

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Novéritis, fratres caríssimi, quod annuénte Dei misericórdia, sicut de Nativitáte Dómini Nostri Jesu Christi gravísi sumus, ita et de Resurrectióne ejúsdem Salvatóris nostri gáudium vobis annuntiámus.

Die vigésima quarta Januárii erit Domínica in Septuagésima.

Décima Februárii dies Cínerum, et initium jejúnii sacratíssimæ Quadragésimæ.


Vigésima séptima Mártii sanctum Pascha Dómini nostril Jesu Christi cum gáudio celebrábitis.


Die quinta Máii erit Ascénsio Dómini nostri Jesu Christi.


Décima quinta ejúsdem Festum Pentecóstes.


Die vigésima sexta ejúsdem Festum sacratíssimi Córporis Christi.


Vigésima séptima Novémbris Domínica prima Advéntus Dómini nostri Jesu Christi, cui est honor et glória, in sæcula sæculórum. 

Amen.

Angelus nella Grotta dell'Annunciazione nel Tempo di Natale (2 gennaio 2016)

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(cliccare sull'immagine per il video) 




"Vicario di Cristo". Tra fede e storia. Mostra-convegno itinerante - Torino, 15-17 gennaio 2016

Sull’islamizzazione a tappe forzate della vuota Europa. Il caso della Gran Bretagna

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Mentre la Francia – lo abbiamo detto in diverse occasioni – è già un recipiente vuoto, da riempire con una neo-ideologia forte, qual è quella islamica, in Gran Bretagna, dopo aver voluto sopprimere il riferimento a S. Giovanni dato ad una stazione perché troppo cristiano come ricordano i giornali di pochi giorni orsono (Inghilterra, censurata immagine di San Giovanni alla stazione: “Turba i non cristiani”, in Il Giornale, 2.1.2016), si procede a tappe forzate verso l’islamizzazione del paese. Ed in questo contesto di debolezza intellettuale, spirituale e morale, da molte parte, in ambito cristiano, si cerca di far passare l’erronea convinzione che anche i pagani, i musulmani, i buddisti, ecc., adorino in fondo l’unico vero Dio, che sarebbe Quello Triuno della fede cristiana …. (v. qui e qui).
Nella memoria liturgica del ritorno del fanciullo Gesù e dei suoi Santi Genitori dalla terra d’Egitto, rilancio quest’articolo.


Jacob Jordaens, Il ritorno dall’Egitto della sacra famiglia, 1616 circa, Gemäldegalerie, Berlino

Jacob Jordaens, Il ritorno dall’Egitto della sacra famiglia, 1616 circa, Rhode Island School of Design Museum of Art, Providence, Rhode Island

Pieter Paul Rubens, bozzetto del Ritorno della Sacra Famiglia dall'Egitto, 1614, Kaluga Regional Art Museum (Калужский Музей Изобразительных искусств), Kaluga

Pieter Paul Rubens, Ritorno della Sacra Famiglia dall'Egitto, 1614, Museum et Art Gallery, Norwich Castle

Ambito di Pieter Paul Rubens, Ritorno della Sacra Famiglia dall'Egitto, 1620 circa, Metropolitan Museum of Art, New York

Lucas Vorsterman il vecchio, Ritorno dall'Egitto della Sacra Famiglia, 1620 circa, Fine Arts Museums of San Francisco, San Fransisco


Nicolas Poussin, Ritorno dall'Egitto della Sacra Famiglia, 1628-38, Dulwich Picture Gallery, Londra

Giovanni Francesco Romanelli, Ritorno dall'Egitto della Sacra Famiglia, 1635-40 circa, Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid

Charles Le Brun, Pasto prima della partenza dall'Egitto della Sacra Famiglia o La grazia (Le bénédicité), 1655-56, Eglise de Saint Paul, Parigi

Scuola genovese, Ritorno dalla fuga in Egitto, XVII sec., collezione privata

Francesco Conti, Ritorno dall'Egitto a Nazaret, 1734, Cleveland Museum of Art, Cleveland

Nicolás Enríquez, Ritorno della Sacra Famiglia dall'Egitto, 1773, Metropolitan Museum of Art, New York

John Rogers Herbert, Ritorno della Sacra Famiglia dall'Egitto nella terra d'Israele, 1885, collezione privata

Marysia Kowalchyk, Ritorno a Nazaret della Sacra Famiglia, 2003

Gran Bretagna, ‘islamizzato’ il calendario scolastico


di M.F.


Sempre peggio. In Gran Bretagna è sempre peggio… L’islamizzazione del Regno avanza rapida ed aggressiva, senza peraltro incontrar resistenze, bensì porte aperte, anzi spalancate. L’ultima trovata è quella di adeguare al Ramadan il calendario scolastico di verifiche ed esami, allo scopo di «non penalizzare gli adolescenti, che osservino tale periodo di digiuno». Lo ha deciso l’organismo responsabile dell’organizzazione didattica. Che mai peraltro s’era sognato, in passato, di riservare trattamenti di favore agli alunni cattolici in periodo di Quaresima. E che non risulta abbia assunto provvedimenti analoghi per i giovani ebrei, buddhisti, taoisti, sikh o quant’altro.

Ma per l’islam, sì. Quest’anno il Ramadan dovrebbe iniziare attorno alla seconda settimana di giugno, in pieno periodo d’esami, per cui, «laddove sia possibile, si raccomanda di programmare prima» di tale data «le materie più importanti, facendo in ogni caso attenzione ad organizzarle preferibilmente al mattino o nel primo pomeriggio», ha premurosamente suggerito il JCQJoint Council for Qualifications.

Una linea, questa, sposata in pieno anche dal sindacato dei docenti: «Come educatori – ha affermato Mary Bosted, segretaria generale dell’organizzazione di categoria – vogliamo che tutti i ragazzi possano dare il meglio di sé nel corso di esami tanto cruciali per il loro avvenire». Anche Malcolm Trobe, vice-segretario generale dell’associazione dei responsabili di scuole e collegi, ha auspicato che l’osservanza del Ramadan non comporti per loro «conseguenze tali da pregiudicare» l’esito delle prove.

C’è un piccolo particolare, che pare esser sfuggito ai solerti docenti: siamo in Occidente, non in Siria. Un Occidente purtroppo sottomessosi spontaneamente ed in modo incondizionato all’islam, sino al parossismo, sino cioè a istituzionalizzare per tutti le “prove tecniche” già tentate in passato da qualcuno. Cinque anni fa, ad esempio, il consiglio municipale di Stoke-on-Trent decise per lo stesso motivo di aderire all’invito giunto dal Consiglio dei musulmani del Regno Unito e di cancellare quindi, oltre alle verifiche, anche le riunioni coi genitori, di sospendere i corsi di nuoto (per evitare che i ragazzi rischiassero d’ingurgitare acqua, anche senza volerlo), nonché di sospendere i corsi di educazione sessuale, per evitare loro i «cattivi pensieri». Tristemente esemplare anche il caso citato dal Daily Mail, avvenuto presso la scuola elementare «Charles Dickens» di Portsmouth, dove un’insegnante, lo scorso luglio, proibì ad un alunno di 10 anni di bere in orario scolastico, nonostante vi fossero circa 30°, per rispetto dei suoi compagni di classe islamici, praticanti il Ramadan. Per questo gli sequestrò la bottiglietta dell’acqua, che normalmente gli alunni sono autorizzati a tenere sul banco. Sconcertante. Furibonda la madre del piccolo, la direttrice della scuola parlò di un malinteso, il Comune ammutolì di fronte a questa straordinaria prova di stupidità didattica. Eppure, oggi in Europa c’è chi ritiene normale lasciare un minore per un giorno intero senza assumere liquidi e questo per ragioni religiose, di una religione che oltre tutto non è nemmeno la sua!

Follia pura. Una follia, di fronte alla quale sentir poi in televisione il premier Cameron o qualsiasi altro leader occidentale augurare buon Ramadan assume il sapore acido di una presa in giro…

Fonte: Corrispondenza romana, 7.1.2016

Orgoglio, sguardo, Dio in un aforisma del Ven. Mons. Fulton J. Sheen

Bulimia spirituale, solitudine dell'uomo, edonismo, esoterismo in un aforisma di Padre Matteo La Grua

Essere peccatori e peccato in un aforisma del Ven. Mons. Fulton Sheen

Card. Burke: “La relazione finale del Sinodo è seriamente ingannevole”

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In una recente intervista del card. Burke, il prelato è tornato a pronunciarsi sulla relazione finale del Sinodo ordinario sulla famiglia, conclusosi lo scorso mese di ottobre. Lo ha fatto dopo che la relazione è stata divulgata nella traduzione ufficiale in inglese (da circa tre settimane).

Il cardinale, pur lodando alcuni passaggi della relazione sinodale che a suo avviso andrebbero salvati, si è detto preoccupato, da un lato, per la lettura fattane da P. Spadaro in un articolo su La Civiltà Cattolica, che pure noi avevamo già segnalato in precedenza (v. qui e qui), e dall’altro perché, effettivamente, nella relazione si sono adoperate espressioni ambigue sia riguardo alla questione dell’accesso alla Comunione dei divorziati risposati sia perché si sono omessi i richiami alla dottrina ed alla prassi della Chiesa su vari aspetti, quali, ad es., quello concernente la responsabilità educativa dei genitori nei confronti dei figli. In un contesto quale quello dell’attuale società in continua evoluzione, e sostanzialmente scristianizzato ed edonista, per il card. Burke bisognerebbe ripartire dal Catechismo, cioè catechizzare i giovani e coloro che si accostano al sacramento del matrimonio come se fosse per la prima volta che ascoltassero l’insegnamento della Chiesa.

La prima parte dell’intervista – in inglese – è riprodotta da THE WANDERER del 4.1.2016.

Ne rilanciamo una sintesi – sempre in inglese – tratta da Corrispondenza romanae da Lifesite News.


Cardinal Burke calls final synod doc
‘deceptive in a serious way’


January 6, 2016 (LifeSiteNews) – In an interview with the Wandererpublished Monday, Vatican Cardinal Raymond Burke, Patron of the Sovereign Military Order of Malta, voiced grave misgivings about the Synod on the Family’s final report, released in English three weeks ago.  The cardinal referred to the fact that the final report, while quoting John Paul II’s Familiaris Consortio, omitted the key line that affirms the Church’s practice of “not admitting to Eucharistic Communion divorced persons who have remarried.” Cardinal Burke said, “The final report’s paragraph on this topic is deceptive in a very serious way.”

“It gives the false impression,” he said, that the Church has a way open for access to the sacraments by remarried divorcees without living chastely. “It is just the opposite,” added Burke.

While the cardinal acknowledged that “there are many good things in the final report,” he noted several areas needing clarification. “I do not think the statement about parental responsibility for education is adequately stated,” he said. “It could give the impression that parents are not the first ones who are responsible for the education of their children.”

The Vatican cardinal called for a revitalized catechesis of the faithful with particular attention to teachings on marriage and family. “If we know — as surely we do — that the culture is completely opposed to the teaching contained in [Humanae Vitae and Familiaris Consortio], if we know — as surely we do — that many of the faithful are not well catechized and will tend to go along with what the culture thinks rather than what the Church teaches, then we must realize that it is incumbent upon us to evangelize with regard to marriage and family as if for the first time. In my judgment, that is the sole answer.”


Fonte: Corrispondenza romana, 8.1.2016

DIO NON C'È... dicono molti, finchè non hanno visto questo VIDEO

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L'ateismo, l'agnosticismo, lo scientismo? Frutti dell'irrazionalità umana!

Chi è lei per giudicarmi? Ancora una volta estremamente utili ci sono le parole di S. Alfonso M. de’ Liguori

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Qualche tempo fa avevamo avuto modo di postare un brano tratto da un’opera dell’insigne maestro e patrono dei moralisti qual è S. Alfonso Maria de’ Liguori.

In quella circostanza, riportandone sia l’aforisma sia il brano per intero, ricordavamo come «ne manda più all’inferno la misericordia di Dio, che non ne manda la giustizia», perché, ci rammentava il Dottore della Chiesa, i peccatori, confidando temerariamente nella misericordia divina, non cessano di peccare, così dannandosi l’anima. Diceva S. Alfonso, infatti, che Dio è sì misericordioso, ma anche giusto ed in quanto tale «è obbligato a castigare chi l’offende»: lo esige la giustizia.

Oggi, quel monito del grande Santo del secolo dei Lumi ci appare davvero profetico, ricordando come il continuo richiamo alla misericordia compiuto da più parti sia vano se non accompagnato dalla volontà del peccatore di non voler più peccare e di emendare la propria vita. Ed invece, il giornalista Magister ci pubblica la lettera choc di un confessore, il quale pone in luce come, nonostante la proclamazione giubilare, i confessionali rimangono vuoti. Anzi, quando qualche penitente vi si accosta il confessore, non di rado, si sente quasi ripreso dal peccatore qualora lo metta a nudo – come è giusto che sia – dinanzi alla sua colpa, sentendosi dire “Chi è lei per giudicarmi?” (cfr. S. Magister, Giubileo della misericordia, ma con i confessionali vuoti, in blog www.chiesa, 9.1.2016).

Ecco i frutti derivanti dalla veicolazione di messaggi, se non errati in linea di principio, sono almeno parziali ed approssimativi!!! Far passare semplicemente l’idea che l’attraversamento di una delle innumerevoli porte sante, peraltro senza alcuna devozione, possa essere un surrogato o un sostituto della Confessione; veicolare la convinzione che con l’indulgenza si venga assolti dal peccato e dalla pena temporale dovuto a questo e che, dunque, il semplice attraversamento renda “bianco” ciò che prima del passaggio era “nero”, è semplicemente mostruoso ed una deformazione della dottrina cattolica. Oltre che, ovviamente, causa della perdizione di molte anime!

Per questo ci pare opportuno tornare a riflettere sulle parole – già da noi pubblicate – di S. Alfonso, con la traduzione - questa volta – dei passi latini compiuta da uno dei collaboratori del nostro blog, che ci ha onorato di alcuni suoi articoli e riflessioni, Vincenzo Sasso, che ringraziamo della sua paziente opera.

Giusepope Molteni, La Confessione,
1838, collezione privata
Si ha nella parabola della zizania in S. Matteo (cap. 13) che essendo cresciuta in un campo la zizania insieme col grano, volevano i servi andare ad estirparla: “Vis, imus, et colligimus ea?” [“Vuoi che andiamo ad estirparla?”]. Ma il padrone rispose: No, lasciatela crescere, e poi si raccoglierà e si manderà al fuoco: “In tempore messis dicam messoribus, colligite primum zizania, et alligate ea in fasciculos ad comburendum” [“Al tempo della messe dirò ai mietitori: raccogliete prima la zizania e legatela in fastelli, poi bruciatela”]. Da questa parabola si ricava per una parte la pazienza che il Signore usa co’ peccatori; e per l’altra il rigore che usa cogli ostinati. Dice S. Agostino che in due modi il demonio inganna gli uomini: “Desperando, et sperando” [“Sia con la disperazione sia con la speranza”]. Dopo che il peccatore ha peccato, lo tenta a disperarsi col terrore della divina giustizia; ma prima di peccare, l’anima al peccato colla speranza della divina misericordia. Perciò il santo avverte ad ognuno: “Post peccatum spera misericordiam; ante peccatum pertimesce iustitiam” [“Dopo il peccato spera nella misericordia; prima del peccato abbi terrore della giustizia”]. Sì, perché non merita misericordia chi si serve della misericordia di Dio per offenderlo. La misericordia si usa con chi teme Dio, non con chi si avvale di quella per non temerlo. Chi offende la giustizia, dice l’Abulense, può ricorrere alla misericordia, ma chi offende la stessa misericordia, a chi ricorrerà?

Difficilmente si trova peccatore sì disperato, che voglia proprio dannarsi. I peccatori vogliono peccare, senza perdere la speranza di salvarsi. Peccano e dicono: Dio è di misericordia; farò questo peccato, e poi me lo confesserò. “Bonus est Deus, faciam quod mihi placet” [“Dio è buono, farò quel che mi piace”], ecco come parlano i peccatori, scrive S. Agostino (Tract. 33. in Io.). Ma oh Dio così ancora dicevano tanti, che ora sono già dannati.

Non dire, dice il Signore: Sono grandi le misericordie che usa Dio; per quanti peccati farò, con un atto di dolore sarò perdonato. “Et ne dicas: miseratio Domini magna est, multitudinis peccatorum meorum miserebitur” [“E non dire: la misericordia del Signore è grande, avrà pietà dei miei molti peccati”] (Eccli. 5. 6). Nol dire, dice Dio; e perché? “Misericordia enim, et ira ab illo cito proximant, et in peccatores respicit ira illius” [perché presso di lui ci sono misericordia e ira, il suo sdegno si riverserà sui peccatori”] (Ibid.). La misericordia di Dio è infinita, ma gli atti di questa misericordia (che sono le miserazioni) sono finiti. Dio è misericordioso ma è anche giusto. “Ego sum iustus, et misericors” [“Io sono giusto e misericordioso”], disse il Signore un giorno a S. Brigida; “peccatores tantum misericordem me existimant” [“I peccatori mi ritengono solo misericordioso”]. I peccatori, scrive S. Basilio, vogliono considerare Dio solo per metà: “Bonus est Dominus, sed etiam iustus; nolite Deum ex dimidia parte cogitare” [“Dio è buono, ma anche giusto; non considerate Dio solo per metà”]. Il sopportare chi si serve della misericordia di Dio per più offenderlo, diceva il P.M. Avila che non sarebbe misericordia, ma mancamento di giustizia. La misericordia sta promessa a chi teme Dio, non già a chi se ne abusa. “Et misericordia eius timentibus eum” [“La sua misericordia si stende su quelli che lo temono”], come cantò la divina Madre. Agli ostinati sta minacciata la giustizia; e siccome (dice S. Agostino) Dio non mentisce nelle promesse; così non mentisce ancora nelle minacce: “Qui verus est in promittendo, verus est in minando” [“Colui che è veritiero nel promettere, è veritiero nel minacciare”].

Guardati, dice S. Gio. Grisostomo, quando il demonio (ma non Dio) ti promette la divina misericordia, affinché pecchi; “Cave ne unquam canem illum suscipias, qui misericordiam Dei pollicetur” [“Sta attento a non accogliere quel cane che promette la misericordia di Dio”] (Hom. 50. ad Pop. Antioch.). Guai, soggiunge S. Agostino, a chi spera per peccare: “Sperat, ut peccet; vae a perversa spe” [“Spera per peccare; guai alla speranza perversa”] (In Ps. 144). Oh quanti ne ha ingannati e fatti perdere, dice il santo, questa vana speranza. “Dinumerari non possunt, quantos haec inanis spei umbra deceperit” [“Sono innumerevoli coloro che si fanno ingannare da questa ombra di fatua speranza”]. Povero chi s’abusa della pietà di Dio, per più oltraggiarlo!

Dice S. Bernardo che Lucifero perciò fu così presto castigato da Dio, perché si ribellò sperando di non riceverne castigo. Il re Manasse fu peccatore, poi si convertì, e Dio lo perdonò; Ammone suo figlio, vedendo il padre così facilmente perdonato, si diede alla mala vita colla speranza del perdono; ma per Ammone non vi fu misericordia. Perciò ancora dice S. Gio. Grisostomo che Giuda si perdé, perché peccò fidato alla benignità di Gesù-Cristo: “Fidit in lenitate magistri” [“Confidò nella clemenza del maestro”]. In somma Dio, se sopporta, non sopporta sempre. Se fosse che Dio sempre sopportasse, niuno si dannerebbe; ma la sentenza più comune è che la maggior parte anche de’ cristiani (parlando degli adulti) si danna: “Lata porta et spatiosa via est, quae ducit ad perditionem, et multi intrant per eam” [“Larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti entrano per essa”] (Matth. 7. 13).

Chi offende Dio colla speranza del perdono, “irrisor est non poenitens” [“è sbeffeggiatore e non penitente”], dice S. Agostino. Ma all’incontro dice S. Paolo che Dio non si fa burlare: “Deus non irridetur” [“Dio non si fa prendere in giro”] (Galat. 6. 7). Sarebbe un burlare Dio seguire ad offenderlo, sempre che si vuole, e poi andare al paradiso. “Quae enim seminaverit homo, haec et metet” [“L’uomo raccoglierà ciò che avrà seminato”] (Ibid. 8). Chi semina peccati, non ha ragione di sperare altro che castigo ed inferno. La rete con cui il demonio strascina all’inferno quasi tutti quei cristiani che si dannano, è quest’inganno, col quale loro dice: Peccate liberamente, perché con tutt’i peccati vi salverete. Ma Dio maledice chi pecca colla speranza del perdono. “Maledictus homo qui peccat in spe” [“Maledetto l’uomo che pecca con la speranza”]. La speranza del peccatore dopo il peccato, quando vi è pentimento, è cara a Dio, ma la speranza degli ostinati è l’abbominio di Dio: “Et spes illorum abominatio” [“E la loro speranza è abominio”] (Iob. 11. 20). Una tale speranza irrita Dio a castigare, siccome [allo stesso modo in cui] irriterebbe il padrone quel servo che l’offendesse, perché il padrone è buono (cfr. op. cit., Considerazione XVII – Abuso della divina misericordia, Punto I).

Fonte: S. Alfonso M. de’ Liguori, Apparecchio alla Morte cioè Considerazioni sulle Massime Eterne Utili a tutti per meditare, ed a’ sacerdoti per predicare, in “OPERE ASCETICHE” Vol. IX, CSSR, Roma 1965.

Immagine da meditare: la militanza cattolica


Cambiamento di dottrina, del dogma, cardinale, eretico, in un aforisma del Cardinal Walter Brandmüller

Riposa in una mangiatoia Colui che siede sul trono celeste

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Nella tradizione liturgica della Chiesa cattolica, la Domenica nell’Ottava dell’Epifania, a differenza di quanto poi avvenuto con la riforma liturgica, è dedicata alla Sacra Famiglia (con la riforma del 1969-’70, la festa fu anticipata alla Domenica nell’Ottava di Natale). Il Vangelo odierno narra dello smarrimento e ritrovamento di Gesù nel Tempio di Gerusalemme. Egli, la Sapienza, non commise – come pure è stato sostenuto – una “scappatella”. Già parlare di “scappatella” o “marachella” è un azzardo blasfemo. Poteva, infatti, il Verbo Eterno, il Consustanziale al Padre commettere scappatelle o marachelle al pari di ogni altro bambino? Ricordiamo che Egli, il Verbo, era «simile in tutto a noi, fuorché nel peccato», come afferma la Lettera agli Ebrei (Eb. 4, 15) ed il Simbolodel IV Concilio Ecumenico (quello di Calcedonia), κατὰ πάντα ὅμοιον ἡμῖν χωρὶς ἁμαρτίας. Per questo è avventato anche solo supporre che il Teantropo potesse aver avvertito l’esigenza di dover chiedere perdono ai genitori: Egli non aveva nulla di cui scusarsi verso chicchessia essendosi occupato delle cose del Padre Suo. Poteva Yēshūa bar Yôsēf, che, per diventare figlio della Legge (o del comandamento), בר מצווה,bar Miwah, si recava a Gerusalemme in occasione della Pasqua per essere lì esaminato dai maestri della Legge sulle sue conoscenze teologiche e linguistiche (di ebraico) di base, darsi a “scappatelle” infantili?

Che ben poca considerazione deve aversi del Redentore!!!!

Nel passo evangelico odierno, in verità, è affermato e messo in piena luce il dogma dell’umanità santissima di Gesù. Questi, davanti ai suoi stessi Genitori, estasiati perché furono i testimoni del mistero di quest’Epifania della sua natura umana e vi ebbero parte, volle far brillare ora pure i raggi di un’altra Teofania, quella della sua divinità e della sua divina origine. Egli calmò divinamente l’apprensione di Maria e Giuseppe con una semplice dichiarazione nella quale i suoi santissimi Genitori trovarono una tale elevazione di sapienza e di luce, che, come più tardi i tre apostoli sul Tabor, dovettero, per così dire, proteggersi gli occhi con la mano di fronte ai raggi incandescenti di questo Sole di giustizia vivente.

Il santo Vangelo dice che i sinedriti stupiti pendevano dalle labbra di Gesù; afferma, al contrario, che Maria e Giuseppe non arrivarono a penetrare il mistero di quelle sue parole, perché, durante la vita presente, quando la luce della visione intellettuale è troppo forte, gli occhi, al contatto di Dio, si chiudono, e lo spirito non può esprimere in pensieri umani ciò che vede. Maria, tuttavia, da fedele discepola, faceva tesoro di questi insegnamenti che le provenivano dal Verbo, meditandoli nel suo cuore, cercandoli di leggere con gli occhi della fede!

Siamo immersi dunque ancora nel clima natalizio-epifanico. Per questo, sembra opportuno rilanciare quest’omelia di San Giovanni Crisostomo.

Gerard Seghers, Sacra Famiglia, XVII sec., Museo del Prado, Madrid

Francisco de Goya y Lucientes, Sacra Famiglia, 1788-90, Museo del Prado, Madrid

Francisco de Goya y Lucientes, Sacra Famiglia, 1787, Museo del Prado, Madrid

Carl Bloch, Insegnando nel Tempio, XIX sec.

Riposa in una mangiatoia
Colui che siede sul trono celeste

Dalle Omelie di San Giovanni Crisostomo

Vedo uno strano paradossale mistero! Le mie orecchie risuonano dei canti dei pastori, ma i loro flauti non suonano una melliflua melodia, ma cantano con le labbra un inno celeste in totale pienezza.

Gli angeli inneggiano! Gli Arcangeli uniscono le loro voci in armonia! I Cherubini cantano la loro gioiosa lode! I Serafini esaltano la sua gloria!

Tutti si riuniscono per lodare questa festa santa, vedendo la Divinità qui sulla terra, e l’uomo in cielo. Colui che è al di sopra dei cieli, ora per la nostra redenzione abita quaggiù, e colui che è stato umile è stato elevato dalla misericordia divina. Betlemme in questo giorno somiglia al cielo; invece di stelle ha ricevuto angeli, e al posto del sole, avvolge dentro di sé in ogni lato il Sole di giustizia. E non chiedetemi come: perché dove Dio vuole, l’ordine della natura si sottomette.

Poiché Egli lo ha voluto, ne ha avuto il potere, è disceso, ha redento l’uomo; tutte le cose hanno cooperato con Lui a questo scopo.

Oggi nasce Colui che eternamente è, e diviene ciò che non era. È Dio e diventa uomo! Diventa uomo senza smettere di essere Dio.

Ancora, Egli è divenuto uomo senza alcuna perdita della divinità, e non è diventato Dio da uomo attraverso un accrescimento, ma essendo Logos si è fatto carne, la sua natura, a causa dell’impassibilità, è rimasta immutata.

Quando è nato, i Giudei non hanno accettato questa Sua insolita nascita. Da un lato i Farisei interpretavano male le Sacre Scritture e, dall’altro, gli scribi insegnavano cose completamente diverse. Ancora una volta Erode volle trovare il Bambino neonato non per onorarlo, ma per ucciderlo.

Oggi essi si stropicciano gli occhi vedendo il Re del cielo sulla terra con una natura umana, nato da un utero verginale. Come dice Davide, Non le nasconderemo ai lori figli, alla generazione a venire [1].

Così i re sono venuti e hanno visto il Re celeste venuto sulla terra, senza portare con sé Angeli, Arcangeli, Troni, Dominazioni, Potestà, Principati, ma seguendo una nuova e solitaria via: Egli è provenuto da un utero senza macchia.

Eppure non ha abbandonato i suoi angeli, né li ha lasciati della sua custodia né, a causa della sua incarnazione, si è discostato dalla Divinità.

Ed ecco, sono venuti i re, per poter adorare il Re della gloria celeste; i soldati, per poter servire il Capo degli Eserciti del Cielo; le donne, per poter adorare Colui che è nato da una donna in modo che egli cambiasse i dolori del parto in gioia; le vergini, son giunte al Figlio della Vergine, per contemplare con gioia, come Egli, Datore del latte, che ha ordinato alle mammelle di riversarlo in rapidi ruscelli, riceve da una Vergine Madre il nutrimento dell’infanzia; i neonati, son giunti per poter adorare Colui che è divenuto un piccolo bimbo, in modo chedalla bocca dei bimbi e dei lattanti[2], potesse ricevere la lode; i bambini, son giunti al Bambino, che li ha elevati a martiri a causa della rabbia di Erode; gli uomini, son giunti a Colui che si è fatto uomo, in grado di guarire le miserie dei suoi servi; i pastori, son giunti al Buon Pastore che ha dato la sua vita per le pecore; i sacerdoti, son giunti a Colui che è divenuto il Sommo Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedech [3]; i servi, son giunti a Colui che ha preso su di sé la forma di un servo e può benedire la nostra schiavitù, con il premio della libertà; i pescatori, son giunti a Colui che, tra i pescatori, ha fatto diventare alcuni pescatori di uomini [4]; i pubblicani, son giunti a Colui che di mezzo a loro ha chiamato e scelto un evangelista; le prostitute, son giunte a Colui che ha esposto i suoi piedi alle lacrime di una prostituta.

In poche parole, in modo che io possa abbracciarli tutti assieme, sono venuti tutti i peccatori che potevano per vedere l’Agnello di Dio che porta sulle sue spalle i peccati del mondo: I Magi per adorare; i pastori per glorificare; i pubblicani per proclamare; le prostitute per offrire mirra; la Samaritana per saziare la Sua sete; la donna Cananea per ricevere misericordia.

Poiché dunque tutti si rallegrano, anch’io voglio gioire. Anch’io desidero condividere la danza corale, per celebrare la festa. Ma vi prendo parte, non pizzicando l’arpa, non agitando il tirso, non con la musica di trombe, né reggendo una torcia, ma tenendo tra le mie braccia le fasce di Cristo. Poiché tutto ciò è la mia speranza, questa è la mia vita, la mia salvezza, questa è la mia tromba e la mia arpa. Con essa giungo e, avendo dal suo potere ricevuto il dono della parola, canto anch’io, con gli angeli: Gloria a Dio nei cieli eccelsi; e con i pastori: e pace sia in terra agli uomini del suo beneplacito [5]!

Oggi, Colui che è sorto prima dei secoli dal Padre in un modo ineffabile nasce da una vergine, per me in un modo inspiegabile. Allora nacque dal Padre secondo natura, prima dei secoli, nel modo conosciuto solo da chi l’ha generato; oggi, ancora, nasce fuori dalla sua natura, nel modo operato dalla grazia del Santo Spirito.

La sua celeste generazione è vera, la generazione terrestre non lo è di meno; è realmente Dio generato da Dio com’è pure vero che è nato uomo da una vergine. In cielo è l’unico ad essere nato dal solo Padre, Suo figlio Unigenito; sulla terra, è l’unico ad essere nato da una sola Vergine, suo figlio Unigenito. Come per la Sua generazione celeste sarebbe empio pensare ad una madre, egualmente per la Sua generazione terrestre sarebbe una bestemmia cercargli un padre. Il Padre l’ha generato senza seme e la Vergine l’ha partorito incorruttibilmente. Dio non ha affatto affrontato lo scorrimento della sua sostanza, poiché ha generato come conveniva ad un Dio; generandolo, quindi, in modo divino. Né la Vergine è stata sottomessa alla corruzione facendo un parto perché ha partorito attraverso lo Spirito. Quindi, né la Sua nascita celeste può essere spiegata da parole umane, né la Sua incarnazione può essere indagata. Oggi, conosco il fatto che la Vergine l’ha partorito e credo che Dio l’ha generato fuori dal tempo. Ma ho appreso che la Sua generazione dev’essere onorata in silenzio senza curiosità indiscreta e discussioni vane. Poiché, per quanto riguarda Dio, non occorre fermarsi all’evoluzione naturale delle cose, ma credere alla potenza di Colui che guida tutto.

È una legge naturale che una donna sposata partorisca. Ma quanto più paradossale è quando una vergine, senza aver conosciuto uomo, partorisce un bambino e in seguito resta vergine! Per questo si esplora ciò che è conforme alla natura; ma si deve onorare in silenzio quanto accade oltre la natura, non perché sia pericoloso ma perché è ineffabile.

Ma accordatemi, vi prego, il permesso di porre fine a questo discorso già dal suo esordio. Infatti temo di elevarmi fino a questo livello di cose di cui non mi è permesso parlare e non so in quale direzione volgermi né come dirigere il timone.

Sento timore di fronte al mistero divino.

Cosa dire e come parlare?

Vedo colei che ha partorito. Vedo anche Colui che è nato. Ma non riesco a capire il modo in cui accade la nascita. Vedete, quando Dio vuole, le leggi della natura sono sconfitte. Questo non accadde nella natura; è stato un miracolo oltre la natura. Ciò accade anche qui: l’ordine naturale non ha operato mentre ha agito la volontà del Sovrano. Quanto inesprimibile è la misericordia di Dio!

Il Figlio di Dio, prima dei secoli, l’incorruttibile, invisibile e intangibile, ha dimorato nel mio corpo visibile e corruttibile. Perché? Perché, come sapete, noi uomini crediamo più in ciò che vediamo che in ciò che sentiamo. Crediamo nelle cose visibili mentre dubitiamo quelle invisibili. Così non crediamo nel vero Dio invisibile, ma adoriamo gli idoli visibili sotto forma umana.

Dio ha quindi accettato di presentarsi davanti a noi sotto forma umana visibile, per sciogliere così ogni dubbio sulla sua esistenza.

Nasce dalla Vergine che ignorava quant’è relativo alla generazione, poiché non aveva cooperato per quanto accadde, non aveva contribuito a questo fatto ma fu un puro strumento della Sua ineffabile potenza, sapendo solo quanto udì da Gabriele, alla sua domanda: Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo? [6]. Egli le disse: ‘vuoi saperlo?’ Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà [7]. In che modo il Signore fu con lei, per ricevere poi da lei la generazione? Proprio come l’artigiano, che quando trova un utilissimo materiale riesce in seguito a lavorarlo nel modo migliore, così fece anche Cristo. Egli, trovando santo il corpo e l’anima della Vergine, la ornò di un tempio animato, volendo in questo modo creare l’uomo nella Vergine. Rivestendosi di questo, oggi è venuto tra noi senza vergognarsi della bruttezza della natura [8]. Per Lui non è stato un obbrobrio indossarsi di questa natura umana; infatti la creatura ha fruttificato una grande gloria, diventando la veste dell’artigiano. Perché come nella prima creazione, era impossibile per l’uomo esistere prima che la terra con la quale fu fatto venisse tra le mani del suo creatore; così era impossibile che il corpo corruttibile dell’uomo ricevesse una nuova natura prima che Colui che l’aveva creato non se ne rivestisse.

Che cosa posso dire o come posso parlare? Sono colmo di stupore dal grande miracolo! Vedo un bambino nel Dio pre-eterno! Si riposa in una mangiatoia Colui che ha il suo trono nel cielo! Delle mani umane toccano l’intangibile e inaccessibile! Colui che spezza le catene del peccato è fortemente legato nelle fasce!

Perché questa è la Sua volontà: cambiare l’infamia in onore; rivestire di gloria la meschinità; trasformare l’offesa in virtù.

Ha assunto il mio corpo perché il Suo Logos trovasse spazio in me; prendendo la mia carne mi dà il Suo Spirito. Mi dà il tesoro della vita eterna; prende e dà: prende la mia carne per santificarmi, mi dà il Suo Spirito per salvarmi. Cosa dire e come parlare?

Ecco: la vergine concepirà [9].

Oramai questo non è più una realtà futura della quale si è parlato; è una realtà compiuta proposta alla nostra ammirazione.

È accaduto tra i Giudei e tra di loro se ne parlava ma è stato creduto da noi, anche se non ne abbiamo mai sentito parola.

Ecco: la vergine concepirà.

Le parole sono della sinagoga, ma l’acquisizione della Chiesa. L’una ha trovato il libro, l’altra ha colto la perla. La sinagoga ha tinto il filo; la Chiesa ha indossato la veste reale. La Giudea l’ha generato; l’ecumene l’ha accolto. La sinagoga l’ha allattato e nutrito; la Chiesa l’ha ricevuto e ne ha tratto beneficio. Nella sinagoga fiorì la vite ma noi godiamo l’uva della verità. La sinagoga ha vendemmiato l’uva; i pagani, invece, bevono la bevanda segreta. Lei ha seminato il seme in Giudea; i pagani, invece, hanno mietuto la spiga con la falce della fede; hanno tagliato con rispetto la rosa e ai giudei rimase la spina dell’incredulità. L’uccello volò, e questi sciocchi stanno ancora a custodire il nido. I Giudei stanno lottando per interpretare il libro della lettera, mentre i pagani vendemmiano il frutto dello Spirito.

Ecco: la vergine concepirà.

Dimmi allora, Giudeo, dimmi, chi ha partorito?

Ti prego, mostra coraggio, anche quello che mostrasti di fronte a Erode. Ma non hai coraggio. Io so perché. Perché sei insidioso. Hai parlato ad Erode perché egli lo sterminasse; ma non ne parli a me perché io non lo veneri.

Chi ha partorito, allora? Chi?

Il Sovrano della natura! E se tu taci, la natura lo grida con voce tonante. L’ha partorito nel modo in cui Egli voleva essere nato. In natura non vi era la possibilità di una tale nascita. Ma Egli, in quanto signore della natura, ha introdotto un modo di nascita paradossale. E così ha mostrato che, pur divenendo uomo, non è nato come un uomo, ma come conviene a Dio solo.

Oggi, quindi, viene da una Vergine trionfando sulla natura, oltrepassando il matrimonio; perché al Dispensatore conveniva la santità, nascendo da un parto puro e santo.

Colui che ha creato Adamo da terra vergine, Colui che da Adamo ha poi creato la donna, nasce oggi da una vergine figlia che ha sconfitto la natura.

Allora Adamo, senza avere una donna, ha ottenuto una donna.

La Vergine ora, senza avere un uomo, ha partorito un uomo.

Perché è successo questo? Ecco perché: Le donne avevano un vecchio debito verso gli uomini, poiché da Adamo era spuntata una donna senza l’intervento di un’altra donna. Così la Vergine oggi, ripagando agli uomini il debito di Eva, partorisce senza un uomo. Poiché Adamo non avesse l’orgoglio di avere prodotto la donna senza l’aiuto di una donna, allora la vergine genera un uomo senza l’aiuto dell’uomo, per mostrare che l’uguaglianza deriva dalla parità delle meraviglie operate.

Dio rimosse da Adamo una costola, senza che egli venisse meno in qualsiasi cosa. Così, anche nella Vergine, creò un tempio animato senza sciogliere la verginità.

Adamo rimase sano in seguito alla rimozione della sua costola; anche la Vergine rimase incorruttibile dopo la nascita di un bambino. Per questo non ha creato il tempio per sé altrove né ha creato un altro corpo per poi rivestirlo, perché non si creda che si disprezzi la umanità di Adamo. Poiché l’uomo, dopo essere stato ingannato dal diavolo, divenne il suo strumento, perciò Egli prese quest’uomo sottomesso al diavolo e lo rese tempio animato, per ritornarlo a Colui che l’aveva creato e staccarlo dal suo legame con il diavolo.

Dio si fa uomo ma nasce come Dio. Se fosse provenuto, come me, da un matrimonio comune, molti avrebbero considerato la Sua nascita fraudolenta. Per questo nasce da una vergine, per questo mantiene il suo utero intatto, per questo conserva integra la sua verginità: perché questo strano modo di nascita fosse motivo di fede incrollabile.

Se un Pagano o un Giudeo mi chiedesse di spiegargli come il Cristo, essendo Dio secondo natura, divenne uomo oltre natura, gli dirò: Ecco, invoco come testimonianza il sigillo immacolato della verginità; perché Dio è colui che ha sconfitto l’ordine della natura; perché Dio è il vasaio del ventre e l’inventore della verginità; ha avuto un parto immacolato poiché si è costruito indicibilmente un tempio, secondo la Sua volontà.

Dimmi allora, Giudeo, la Vergine ha partorito o no? E se ha partorito, perché non confessi la nascita soprannaturale? Se, invece, non ha partorito perché hai ingannato Erode? Quando lui voleva sapere dove sarebbe nato Cristo, non gli hai detto A Betlemme di Giudea [10]? Conoscevo io, forse, la città o il luogo? Conoscevo io, forse, il valore del Bambino che è venuto al mondo? Isaia e i profeti non ve ne hanno parlato? Partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele [11]. E voi, ingrati nemici, non avete spiegato la verità? Voi, scribi e farisei, custodi precisi della legge, non ci avete insegnato su Cristo? Non siete stati voi a interpretare le Scritture? Conoscevamo, forse, la vostra lingua? E quando la Vergine ha partorito, non siete stati voi a presentare a Erode la testimonianza del profeta Michea? Ma da te, o Bethlehem Efrata, piccola per esser tra le città di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele [12].

Il profeta ha parlato molto bene dicendo “Da te”. Provenne da voi e si presentò al mondo intero.

Colui che è, precede; colui che non è si crea o si fa. Mentre Egli era, era anche prima, ed è sempre stato. Era sempre in quanto Dio che governa il mondo.

Oggi, si è presentato come un uomo per condurre gli uomini.

Si è presentato come Dio, per salvare l’ecumene.

Ma quanto preziosi siete voi nemici! Quanto filantropi siete voi accusatori!

Voi avete accidentalmente dimostrato che il neonato di Betlemme è Dio. Avete riconosciuto il Sovrano nascosto nella mangiatoia. L’avete involontariamente predicato voi, mentre era seduto nella grotta. L’avete rivelato voi, cercando di nasconderlo. L’avete beneficiato voi, cercando di fargli del male.

Quanto maestri ignoranti siete davvero? Insegnate ma non conoscete. Avete fame ma cibate gli altri. Avete sete ma date da bere agli altri. Siete poverissimi ma arricchite gli altri.

Venite, quindi, festeggiamo! Venite a solennizzare! È strano il modo di questa festa – quanto strano è anche il motivo della nascita di Cristo.

Oggi si scoglie il legame di lunga durata.

Il diavolo è svergognato. I demoni sono fuggiti. La morte è stata abolita. Il paradiso è aperto. La maledizione è svanita. Il peccato è stato cacciato. L’errore è stato allontanato. La verità è stata rivelata. La predicazione della pia fede si è riversata e diffusa in tutto il mondo. Il regno dei cieli è stato trapiantato sulla terra. Gli angeli parlano agli uomini. Gli uomini conversano con gli angeli senza timore. Tutto è diventato uno. Perché? Perché Dio è sceso sulla terra e l’uomo è salito nei cieli. La prima cosa si è unita all’altra. Dio è sceso sulla terra continuando ad essere in cielo. È tutto intero nel cielo ed è tutto intero sulla terra. È diventato uomo essendo Dio, senza smettere di essere Dio. È senza passioni e ha assunto la carne, perché ha dimorato in noi. Non è diventato Dio, lo era. Per questo ha assunto la carne, perché Colui che il cielo non poteva trattenere, lo accogliesse la mangiatoia. Per questo si è messo nella mangiatoia, perché colui che nutre i mondi venga nutrito con cibo per bambini da una vergine madre. Per questo il Padre dei secoli futuri viene tenuto tra le braccia di una vergine madre come bambino lattante: perché fosse accessibile anche ai magi. Si tiene tra le braccia di una vergine e tra le mani tiene l’ecumene.

I magi corrono presso di Lui, rinunciando, per principio, al tiranno; il cielo, orgoglioso, mostra con la stella il Sovrano stesso e il Signore, seduto sulla leggera nuvola del corpo, il quale corre in Egitto per evitare l’insidia di Erode, adempiendo la verità della profezia di Isaia che ha detto: In quel giorno Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. Li benedirà il Signore degli eserciti: «Benedetto sia l’Egiziano mio popolo, l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità» [13].

Che dici Giudeo? Tu che eri primo sei diventato terzo? Gli Egiziani e gli Assiri si sono messi davanti e il primogenito Israele è tornato in dietro? Sì. Così è. Gli Assiri saranno primi, perché loro, assieme ai loro magi, hanno venerato per primi il Signore. Poi gli Egiziani che lo ricevettero quando si rifugiò dalle loro parti per evitare l’insidia di Erode. Terzo e ultimo è il popolo d’Israele, che ha conosciuto il Signore dagli apostoli dopo il battesimo nel Giordano. È entrato in Egitto rovesciando tutti gli idoli non per niente ma per escludere dalla perdizione i primogeniti di Egitto. Per questo oggi è entrato come primogenito, per sciogliere la tristezza del vecchio lutto.

Cristo è primogenito, come testimonia anche Luca l’evangelista, dicendo: Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo [14]. È entrato quindi in Egitto per sciogliere la tristezza del vecchio lutto, ponendo la gioia invece della frusta. Invece della notte e dell’oscurità dona lo splendore della salvezza. L’acqua del Giordano era profanata dal massacro degli immaturi neonati. È entrato in Egitto che aveva le acque rosse, facendo delle correnti del fiume dei generatori di salvezza, purificando l’empietà e la profanità con la potenza dello Spirito. Gli Egiziani, colpiti da diverse ferite e lasciandosi andare alla loro furia, avevano trascurato Dio. È entrato allora in Egitto e ha colmato di conoscenza divina le anime care a Dio in modo che la terra irrigata dal Nilo avesse presto più martiri che spighe.

Ma poiché il tempo è stretto decido a questo punto di cessare il discorso. Chiudo qui, avendo completato il discorso, in cui spiegavo che il Logos essendo privo di passioni, è diventato carne, senza mutare la Sua natura.

Cos’altro c’è da dire, come parlare?

Vedo il Creatore e la mangiatoia. Un infante e delle fasce. Una Vergine puerpera, disprezzata. Molta povertà. Molta indigenza.

Eppure hai visto quanta ricchezza nella grande povertà? Come, essendo ricco, si è fatto povero per noi? Come non ha né letto né materasso e si è gettato per terra in una mangiatoia? O povertà, fonte di ricchezza! O ricchezza immisurabile, nascosta in mezzo alla povertà! Dimora all’interno della mangiatoia e ondeggia l’ecumene. È avvolto in fasce e rompe i legami del peccato. Ancora non ha pronunciato neanche una parola e ha insegnato la conoscenza di Dio ai magi. 
Cosa dire o come parlare?
Ecco il Bambino avvolto nelle fasce, sulla mangiatoia. Ecco Maria, Madre e contemporaneamente Vergine. Ecco Giuseppe, il padre presunto del Bambino. Lei è la donna e lui è l’uomo. Legittimi i nomi, ma privi di unione.
Si riesce a capire finché si considerano le parole, ma non arriva alla natura delle cose.

Giuseppe si è soltanto fidanzato mentre il Santo Spirito ha ombreggiato Maria. Così, pieno di meraviglia, non sapeva cosa supporre per il Bambino: non osava dire che è stato il frutto di un adulterio. Non poteva pronunciare parola blasfema nei confronti della Vergine. Non accettava neppure il Bambino come suo, perché era sconosciuto come e da chi fosse nato.

Ma ecco che, nella sua confusione, riceve una risposta dal cielo, dalla voce dell’angelo: Giuseppe, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dal Santo Spirito [15]. Il Santo Spirito ha quindi adombrato la Vergine.

Perché Cristo nasce da una vergine e conserva intatta la verginità? Perché un tempo il diavolo ha ingannato la vergine Eva. Ora Gabriele ha portato il messaggio liberatorio alla Vergine Maria. Un tempo Eva fu ingannata e pronunciò una parola che germinò la causa della morte. A Maria, invece, è stata annunciata la buona novella e ha generato il Verbo causa della vita eterna. La parola di Eva ha mostrato il legno attraverso il quale Adamo è stato scacciato. La parola di Maria, invece, ha mostrato la Croce, attraverso la quale il ladrone è stato portato in paradiso nella persona di Adamo. Poiché né i Pagani, né i Giudei, né i figli degli eretici hanno creduto che Dio è stato generato senza seme della sua natura ed è privo di passioni, per questo, oggi, Egli provenendo da un corpo che ha passioni, l’ha conservato senza passioni mostrando che, pur nascendo da una vergine, non ha sciolto la verginità. Così il Dio ingenerato senza perdere e mutare la sua santa essenza, ha generato Dio come Dio, in modo divino. Gli uomini, avendoLo abbandonato, scolpivano statue antropomorfe da adorare offendendo il Creatore. Perciò oggi, la Parola di Dio, essendo Dio, è emersa in forma umana per dissolvere la menzogna e riportare a Lui l’adorazione.

A Lui, dunque, che ristabilisce ogni cosa nel modo migliore, Cristo nostro Signore, innalziamo la gloria assieme al Padre e al Santo Spirito, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amin.

Note:

[1]Sal 77, 4.

[2]Sal 8, 3.

[3]Ebr 5, 10.

[4]Mt 4, 19.

[5]Lc 2, 14.

[6]Lc 1, 34.

[7]Lc 1, 35.

[8]Sulla base da quanto espresso da Giovanni Crisostomo che riporta a sua volta una tradizione comunemente condivisa, nel XIII secolo un altro autore bizantino scriverà: “… O, quale meraviglia presentare! Perché è giusto rivestire con la decenza di cui Dio si è rivestito, che regna prima dei secoli. Mentre negli ultimi tempi Cristo regnò nella carne, assumendo l’umiltà umana e l’indecenza e la bruttezza sotterranee della natura, se l’ha indossata, cingendosi della nostra ottusità e nascondendola, colui che indossa la luce prima dei secoli, nella sua ascesa ai cieli…”. Κωνσταντινοσ Ακροπολιτης ”Λόγος εις τον μεγαλομάρτυρα και μυροβλύτην Δημήτριον” vers. 10. 29-31,in Παπαδoπουλος Αθανασιος Κεραμεύς, «Ανάλεκτα Ιεροσολυμιτικής Σταχυολογίας», vol. Α΄, εν Πετρουπόλει 1891,p. 170.

[9]Is 7, 14.

[10]Mt 2, 5.

[11]Is 7, 14.

[12]Mic 5, 1.

[13]Is 19, 24.

[14]Lc 2, 7.

[15]Mt 1, 20.


Fonte: Nati dallo spirito, 15.12.2013

Chiesa in via di protestantizzazione

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Lo dicevamo da parecchio: nella Chiesa cattolica, nel Tempio Santo di Dio, è in atto una sempre maggiore protestantizzazione, ovvero demolizione, o sarebbe meglio dire autodemolizione, della fede e della morale.

Vari sono stati i segnali da cinquant’anni a questa parte. Che sia questo il mistero di iniquità, che deve compiersi sino in fondo? Un dato è significativo: come il protestantesimo partì dal Centro-Nord Europa così anche la luterizzazione e protestantizzazione della Chiesa cattolica è partita da lì. Quasi una rivincita - se vogliamo dir così - dell’ex monaco agostiniano, che, prima di morire, lasciò scritto promettendo sinistramente:«Papa, da vivo ero la tua PESTE; da morto sarò la tua MORTE»! (“Pestis eram vivus, moriens ero mors tua”) (v. Lutero si è suicidato, nel blog Muniat intrantes, 22.11.2015). Ma le forze degli inferi, nonostante tutte le apparenze, non prevarranno! Questa è la promessa del Redentore!
Nella commemorazione di S. Igino, papa e martire, cui si deve l’istituzione dei padrini e delle madrine al momento del battesimo allo scopo di assistere il neonato nella sua vita futura, rilancio questo contributo tratto da La Nuova Bussola quotidiana.


Carlo Maderno, S. Igino, 1612 circa, portico della Basilica di S. Pietro, Basilica di S. Pietro, Città del Vaticano, Roma

Medaglione di S. Igino, Basilica di S. Pietro, Città del Vaticano, Roma

Chiesa in via di protestantizzazione


di Claudio Crescimanno


È da un po’ che nella vita della Chiesa accadono cose preoccupanti. Ma non pare che siano in molti a preoccuparsi. E questo merita una riflessione.

Per oltre due anni siamo bombardati a più riprese dall’uscita dei risultati delle consultazioni di numerose diocesi nel mondo e di intere conferenze episcopali in vista del Sinodo sulla famiglia, risultati nei quali, senza tanti giri di parole, si smantella quel poco che in quei paesi è rimasto della fede e della morale; c’è stata l’intervista del presidente della Conferenza episcopale tedesca, che parla a nome suo, ma anche di buona parte dei suoi colleghi, che proclama l’autodeterminazione della Chiesa tedesca; ci sono due pezzi da novanta del collegio cardinalizio (Muller e Kasper) che da fronti opposti del nuovo campo di battaglia ecclesiale (la morale sessuale e familiare), senza scomporsi tanto, parlano di uno scisma incombente o addirittura già in atto; c’è una conferenza episcopale, di nuovo quella tedesca, che ha derubricato ‘la pillola del giorno dopo’, dichiarando d’autorità che non si tratta di aborto; ci sono nazioni ex cattoliche, come l’Irlanda, che apostatano pubblicamente dalla fede votando in massa un referendum, sostenuti dal silenzio dei loro Pastori; ci sono gli apparati centrali di molte diocesi europee che si mostrano omertosi circa la rapida diffusione dell’ideologia gender e riducono al silenzio con metodi spicci i preti e i laici che la combattono… e l’elenco potrebbe continuare. 

Ciascuno di questi fatti è stato già singolarmente commentato, e con grande competenza. Non pare superfluo, però, anche una valutazione dell’insieme, per la luce che questi fatti gettano sulla vita della Chiesa in questo momento cruciale. 

Partiamo dalle due domande che queste vicende non possono non suscitare in chi ha ancora un po’ di fede e un po’ di buon senso: come siamo arrivati a questo punto? E come è possibile che questo non susciti alcuna reazione in chi di dovere? Per rispondere a queste domande e, partendo da esse, fare un’adeguata riflessione sul tempo che stiamo vivendo, ritengo sia indispensabile partire da lontano.

Si sta realizzando in modo macroscopico ciò che aveva previsto l’imperscrutabile Paolo VI, in quella che già allora fu una facile profezia e che oggi è pura evidenza: «Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte» (J. Guitton, Paolo VI segreto). 

Sì, un pensiero non cattolico si è fatto strada ed è diventato predominante in molti ambienti della Chiesa cattolica, in molte facoltà teologiche, seminari, ordini religiosi, e, attraverso una capillare divulgazione, in molte comunità di fedeli; poi i rappresentanti di queste componenti ecclesiali si ritrovano nelle migliaia di convegni, assemblee, consigli pastorali dell’orbe cattolico, e così questo pensiero diviene predominante e maggioritario nella Chiesa intera. E a poco è servito il proliferare degli interventi magisteriali in contrario, visto che ormai da decenni essi, nella gran parte dei casi, rimbalzano sul corpo ecclesiale come su un muro di gomma.

Nessuna delle innovazioni proposte è originale: sono tesi che riguardano l’interpretazione della Scrittura, il valore dei dogmi, le conseguenze morali della fede, il valore dei sacramenti, la struttura della Chiesa, il rapporto con le altre religioni e con il mondo; su questi temi c’è un’unica paradossale proposta: sposare al più presto ciò che il Magistero ha condannato e combattuto negl’ultimi cinquecento anni.

Come è possibile un tale capovolgimento?
Ecco il pensiero non cattolico, anzi anti-cattolico, di cui si diceva: è il pensiero secondo il quale nella contrapposizione del XVI secolo tra Lutero e il concilio di Trento, in realtà aveva ragione Lutero, solo che purtroppo la Gerarchia di allora non lo ha capito e la Chiesa si è chiusa alla meravigliosa opportunità della Riforma; nella contrapposizione del XVIII secolo tra l’illuminismo e la Chiesa, aveva ragione l’illuminismo, solo che il Magistero di allora non lo ha capito e di nuovo la Chiesa si è arroccata nelle sue posizioni integraliste e intransigenti e così ha perso l’opportunità di lasciarsi beneficamente influenzare dai principi e dai valori dei lumi … e così via di contrasto in contrasto. Così per circa cinquecento anni la Chiesa cattolica non ha fatto altro che chiudersi al mondo, alle novità, al progresso, e a moltiplicare le condanne: dalla Bolla Exurge Domine di Leone X, al Sillabo di Pio IX, alla Mirari Vos di Gregorio XVI, alla Pascendi di Pio X, alla Humani Generis di Pio XII.

E la cosa più drammatica – sempre secondo questo pensiero – è che in questo modo la Chiesa non ha fatto altro che allargare sempre più il suo divario con il Vangelo; eh sì, perché da Lutero fino all’abate Franzoni, i protestanti, gli illuministi, i liberali, i modernisti, i socialisti, insomma tutti i riformatori, ingiustamente e ottusamente condannati, in realtà avevano visto giusto, avevano capito il Vangelo ben più del Magistero cattolico! 

Ma finalmente c’è stata la svolta, finalmente con il Concilio Vaticano II la Chiesa, seppure con mezzo millennio di ritardo, prende consapevolezza di tutto ciò: ecco la portata rivoluzionaria del Concilio così appassionatamente celebrata dai sostenitori di questo pensiero. Naturalmente questa rivoluzione copernicana non si manifesta tanto nei documenti, che sono frutto di un compromesso tra le varie posizioni presenti in Concilio e quindi per ciò stesso rappresentano una fase ancora immatura del cambiamento, e dunque provvisoria; ma piuttosto si manifesta nel famoso ‘spirito’ del Concilio. Lo spirito del Concilio è da cinquant’anni il criterio di interpretazione della realtà che ha scalzato tutti i criteri precedenti (vero o falso, bene o male …), la nuova ‘ortodossia’ violando la quale si incorre nella nuova ‘scomunica’ per la quale non c’è remissione.

L’effetto di questo pensiero è la rottura della Chiesa post-conciliare con la Chiesa pre-conciliare; da questa rottura è nata una Chiesa ‘nuova’ che ha archiviato quella vecchia; è nata una Chiesa purificata dai paludamenti costantiniani, da una teologia e una morale integraliste, da una liturgia clericale, da un’assoluta incapacità di dialogare con il mondo contemporaneo. Al contrario la ‘nuova’ Chiesa è aperta al mondo, fa autocritica per tutto ciò che di identitario c’era in lei, e con umiltà impara da coloro che aveva condannato. E per recuperare il tempo perduto, tanto per cominciare, sposa con entusiasmo i cavalli di battaglia del suo nemico storico: il protestantesimo. Il cosiddetto spirito del Concilio non è altro che il motore di una Chiesa in avanzata fase di protestantizzazione: nell’esegesi biblica, negli studi filosofici e teologici, nella riforma liturgica, nella visione della Chiesa e dei suoi rapporti con le religioni e col mondo, in ogni settore della vita ecclesiale il rinnovamento post-conciliare ha sposato sempre più esplicitamente le posizioni protestanti.

Naturalmente il fatto che il protestantesimo liberale a cui ci si è entusiasticamente ispirati per rendere più evangelico, più cristiano, un cattolicesimo ormai obsoleto, sia in realtà da decenni in profonda crisi e che perda ministri e fedeli con rapidità vertiginosa non importa a nessuno. Lo spirito del Concilio infatti è un teorema ideologico e i suoi paladini non si imbarazzano a chiamare ‘primavera’ della Chiesa questa imitazione a scoppio ritardato dei fallimenti dei nipoti di Lutero, una sicura ricetta svuota-chiese, svuota-seminari, svuota-conventi che si è puntualmente e drammaticamente realizzata in questi ultimi decenni. Le poche eccezioni a questo tracollo sono le realtà ecclesiali che meno si sono fatte rinfrescare da questo soffio dello ‘spirito’ del Concilio, e che per ciò sono state impunemente ostacolate, e oggi apertamente perseguitate…

Ma il punto di arrivo di questo processo non è nemmeno la protestantizzazione del cattolicesimo: questa infatti è la tappa intermedia, necessaria ma transitoria, per il raggiungimento del vero obiettivo che è la secolarizzazione; il protestantesimo infatti è l’anticamera della secolarizzazione della società: lo è di diritto e di fatto. Lo è di diritto, poiché il ripiegamento soggettivo e intimistico della fede luterana non può non sfociare nella pratica di una religiosità individuale, che esclude ogni dimensione sociale della fede; lo è di fatto, poiché è questo ciò che si è storicamente realizzato: i paesi protestanti si sono secolarizzati prima e di più di quelli cattolici, e non solo perché hanno opposto meno resistenza al processo mondano, ma al contrario perché vi si sono consapevolmente e volontariamente consegnati senza opporre resistenza. Anzi, nel protestantesimo liberale – e ora, per imitazione, anche in ampi settori del cattolicesimo – la secolarizzazione non è vista come antitetica, ma come fase più matura, compiuta, della fede. 

In quest’ottica strabica, la secolarizzazione non è la scomparsa esplicita della fede, ma il suo evaporare in una religiosità vaga ed emotiva, che tutti accomuna, eliminando la dimensione identitaria; è dunque il miglior collante per costruire una società pacificata, tollerante, pluralista, accogliente e rispettosa di tutte le posizioni, cioè quel paradiso in terra che nella visione relativistica e immanentistica del mondo contemporaneo deve essere il vero obiettivo a cui tendono tutte le religioni, dunque anche quella cristiana. 

E anche verso questa tappa ultima si cammina a grandi passi: il dialogo ecumenico dell’immediato post-Concilio si è progressivamente trasformato nella inter-confessionalità, cioè nello scambio senza più distinzioni tra le diverse denominazioni cristiane; e ora la inter-confessionalità si sta evolvendo rapidamente nella inter-religiosità, cioè una parificazione sincretista di tutti i credo religiosi, forse in vista della costruzione di quella ONU delle religioni, la super religione universale, umanitaria e antropocentrica, che sempre più e da più parti viene auspicata…



Al fiume Giordano, luogo del Battesimo del Signore

“Non possum cohibére lætítiæ voluptátem, sed mente extóllor, et affícior: et própriæ pusillitátis oblítus, offícium magni Joánnis, immo pótius famulátum subíre conténdo, ac géstio: et licet non sim præcúrsor, de erémo tamen vénio. Christus ergo illuminátur, immo pótius fulgóre suo nos illúminat: Christus baptizátur, simul et nos descendámus, ut cum ipso páriter ascendámus” (sancti Gregórii Nazianzéni, Sermo in sancta Lumina – Lect. IV – II Noct.) - IN COMMEMORATIONE BAPTISMATIS D. N. I. C. - IN OCTAVA EPIPHANIÆ

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Questa messa è ignorata completamente dai Sacramentari romani, essendo stata redatta più tardi, utilizzando le collette di ricambio annotate nel gelasiano e la lettura evangelica attribuita originariamente alla sinassi eucaristica della IV feria (mercoledì) dopo la Teofania, da molto tempo già caduta in desuetudine, mentre il resto della messa è come il giorno dell’Epifania.

Il sacramentario di San Pietro, in effetti, solo nell’XI sec. indica le orazioni per l’Ottava dell’Epifania, ma il collettario della stessa basilica non ne fa menzione nel secolo seguente.

Quest’ottava, perciò, può affermarsi, costituisce un apporto franco-germanico, poiché essa era celebrata nei Paesi franchi dalla fine dell’VIII sec. Essa è ben attestata al Laterano ed al Vaticano soltanto nella seconda metà del XII sec. (così Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais Farnèse, 1977, p. 213).

Il decreto di semplificazione delle rubriche del 1955, ripreso dalle Variationes, ovvero dai cambiamenti introdotti nel Breviario e nel Messale romano, nel 1960, hanno modificato l’intitolazione della celebrazione del 13 gennaio: l’ottava dell’Epifania (di rito doppio maggiore), essendo stata soppressa, il giorno ottavo prese l’appellativo di Commemorazione del Battesimo di Nostro Signore Gesù Cristo, con rito di II classe.

La colletta odierna è splendida ed ha tutto il sapore dell’età leoniana.

La lettura di san Giovanni, con il testo della teofania sulle rive del Giordano (Gv 1, 29-34), si riallaccia all’antichissimo e primitivo significato della festa opposta dai cattolici agli gnostici, che veneravano nel battesimo ricevuto nel Giordano, la nascita di Gesù mediante l’infusione della divinità. La Chiesa considera tuttavia il battesimo del Redentore nelle acque della penitenza come una delle più importanti teofanie. Gesù vi prese parte come se fosse un uomo peccatore e si umiliò sotto il rito misterioso del Battista; nello stesso tempo, il Padre ed il Paraclito proclamano la sua Divinità e tutta l’augusta Trinità santificò il battesimo della Nuova Alleanza, donando la vera virtù di rigenerare ex aqua et Spiritu sanctoi figli adottivi di Dio. Non è dunque la nascita di Gesù, bensì la nostra rinascita alla vita soprannaturale che festeggiamo in questo giorno, in cui esclamiamo con ragione nell’ufficio notturno: Christus apparuit nobis, venite adoremus.

La colletta sull’oblazione ha un sapore pur’essa antico e classico. L’«Eucaristia», o azione di grazie dopo la ricezione dei santi doni, cioè la colletta finale s’ispira all’antico titolo che i Bizantini danno alla solennità di questo giorno, la festa delle sante Luci. Il Cristiano è figlio di luce, onde conviene che nei suoi atti nulla ci sia mai di tenebroso, di men retto, di men vero. Procedere innanzi con verità, secondo san Giovanni, significa vivere secondo la pienezza dell'ideale Cristiano, realizzandone il contenuto divino, e vivendo Gesù Cristo.



Andrea del Verrocchio (ed aiuti: i volti dei due angeli sono di Leonardo da Vinci), Battesimo di Cristo, 1472-75, Galleria degli Uffizi, Firenze


Giovanni Moroni, Giovane devoto in contemplazione della scena del Battesimo di Cristo, 1555-60, collezione privata

Juan Fernández de Navarrete, detto "El Mudo", Battesimo di Cristo, 1567 circa, Museo del Prado, Madrid

Paolo Veronese ed aiuti, Battesimo di Cristo, 1580-88 circa, Getty Museum, Los Angeles

Adam Elsheimer, Battesimo di Cristo, 1599 circa, National Gallery, Londra


 Hendrick de Clerck e Hans Rottenhammer, Battesimo di Cristo, XVII sec., Koninklijk Museum voor Schone Kunsten Antwerpen, Anversa

Giovanni Battista Crespi detto Il Cerano, Battesimo di Cristo, 1601,  Städel (Städelsches Kunstinstitut und Städtische Galerie), Frankfurt am Main

Pieter de Grebber, Battesimo di Cristo, 1625, Chiesa di S. Stefano, Beckum


Ottavio Vannini, Battesimo di Gesù, 1640 circa

Sebastien Bourdon, Battesimo di Cristo, 1650 circa, Metropolitan Museum of Art, New York

Bartolomé Esteban Murillo, Battesimo di Cristo, 1655 circa, Gemaldegalerie, Berlino

Giovanni Battista Gaulli detto il Baciccio, Battesimo di Cristo, 1690 circa, Galerie Canesso, Parigi

Grigory Gagarin, Battesimo di Cristo, 1840-50 

Josef Arnold il Vecchio, Battesimo di Cristo, 1842, parrocchiale di Santa Cristina, Val Gardena


Petr Mikhailovich Shamshin, Battesimo di Cristo, Крещение Христа, 1848, Museo dello Stato russo, San Pietroburgo


Carl Bloch, Battesimo di Cristo, 1870 circa

Anonimo, Battesimo del Cristo, 1873

Michail Vasil'evič Nesterov, Battesimo del Cristo, 1890-94, Duomo, Kiev


Icona della Santa Teofania e Battesimo del Signore Dio e Salvatore Gesù Cristo, Святое Богоявление. Крещение Господа Бога и Спаса нашего Иисуса Христа
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