Di san Giovanni Battista ci siamo occupati in occasione della sua Natività il 24 giugno scorso, ricordando anche i luoghi legati a tale evento con una serie di video. In uno di questi in particolare, Padre Frédéric Manns - autorevole biblista della Custodia di Terrasanta - conduce lo spettatore in un affascinante percorso di scoperta della figura del Battista, il personaggio profetico per eccellenza, dalla sua nascita ad 'Ain Karem sino alla sua morte a Macheronte (v. qui) e sepoltura.
Il nome arabo di Macheronte è Qalaat al-Mishnaqa. Il fatto tragico della morte del Battista trova riscontro nel racconto di Giuseppe Flavio. Il re nabateo Areta IV Philopatris volle vendicare con una guerra l’affronto subito da Erode Antipa, che aveva ripudiato sua figlia Shaudat, per sposare Erodiade la moglie di suo fratello Filippo.
Giuseppe Flavio riporta il sentimento popolare che intese la sconfitta di Erode Antipa come una punizione divina: Ora, alcuni giudei pensavano che la distruzione dell’esercito di Erode (Agrippa) veniva da Dio, giustamente, come punizione per quanto aveva fatto a Giovanni detto il Battista. Perché Erode lo aveva fatto uccidere, sebbene fosse un uomo giusto, e aveva esortato i giudei a praticare la virtù, sia nella giustizia l’uno verso l’altro, sia nella pietà verso Dio, e perciò a farsi battezzare (Giuseppe Flavio, Antiquitates Judaicæ, XVIII, 109-119).
La decollazione di san Giovanni Battista, il 29 agosto, fin dal IV sec. era celebrata in Africa, in Oriente, in Siria e un po’ dovunque. Manca nel Sacramentario Leoniano, ma appare nel Gelasiano.
Si conosce la sorte delle reliquie del precursore del Signore. Fu dapprima sepolto in Samaria, a Sebastya, presso l’attuale Nablus, ma nel 362, sotto Giuliano l’apostata, i pagani violarono la sua tomba e bruciarono le sue sacre ossa.
Rufino di Aquileia racconta, nella sua Storia ecclesiastica, in effetti, che il 29 agosto 362, su ordine dell'empio imperatore Giuliano l’Apostata, i pagani di Sebastya distrussero la tomba venerata del Precursore e del profeta Eliseo, bruciando gran parte dei resti e disperdendone le ceneri. Parte delle reliquie furono salvate da alcuni monaci di passaggio che le consegnarono a Gerusalemme all’igumeno Filippo. Scrive Rufino: «Al tempo dell’imperatore Giuliano … a Sebaste città della Palestina, avvenne che i pagani invasero il sepolcro di San Giovanni Battista: dapprima ne dispersero le ossa, ma poi le raccolsero di nuovo per bruciarle; mischiarono con della polvere quelle sacre ceneri e le dispersero per campagne e villaggi. Ma per disposizione divina avvenne che da Gerusalemme sopravvenissero alcuni provenienti dal monastero di Filippo … mischiatisi fra coloro che raccoglievano le ossa destinate al fuoco, dopo averne raccolti essi pure con molta cura e pietosa premura, per quanto riusciva loro possibile, si allontanarono di là furtivamente…e recarono al santo padre Filippo quelle venerande reliquie» (Rufinus, Historia Ecclesiastica, II, 28, in PL 21, 536).
In senso analogo si esprimono Teodoreto, Filostorgio ed altri.
Geertgen tot Sint Jans, Leggenda delle reliquie di S. Giovanni Battista, 1484 circa, Kunsthistorisches Museum, Vienna.
Una parte delle reliquie poté essere rimessa a sant’Atanasio, ad Alessandria, e poi dal patriarca Teofilo, il 27 maggio 395, riposte nella basilica (Martyrium) che era stata dedicata al Precursore sul sito dell’ex tempio di Serapide.
Gran parte delle reliquie che si salvarono dal fuoco e dalla distruzione sarebbero state, infine, tumulate nella città di Mira.
Si sa per certo, infatti, che nel 540 le reliquie del Santo erano pervenute a Mira, centro anatolico dell’antica Licia, luogo in cui nel 1099 vennero recuperate (comprate o rapinate non è certo ...) dai Genovesi di ritorno dall’assedio di Antiochia, avvenuto nel corso della prima crociata.
Le preziose reliquie giunsero, dopo un viaggio durato tre mesi, finalmente a Genova, come ci tramandano gli scritti di Jacopo da Varagine, il 6 maggio dello stesso anno, e trasportate stabilmente nella Cattedrale di San Lorenzo dopo una probabile sosta nella chiesa di San Giovanni di Prè, prospiciente l’omonima marina.
Nonostante tutto ciò, la tomba del Battista a Sebastya continuò ad essere meta di devoti pellegrinaggi, tanto che san Girolamo testimonia i miracoli che vi avvenivano. Lì, secondo la testimonianza sempre dell’autore della Vulgata, erano venerate, oltre la tomba del Battista, anche quelle dei profeti Abdia ed Eliseo (Donato Baldi, Enchiridion locorum Sanctorum documenta S. Evangelii loca respicientia, Jerusalem 1955, p. 231. V. anche san Girolamo, Epist. 46, in PL 22, col. 491; Id., Comment. in Abdias, in PL 25, col. 1099). Sotto la basilica, che fu eretta in onore del Battista, le reliquie di Eliseo e di Giovanni erano conservate in «in due casse ricoperte d’oro e d’argento, davanti alle quali ardevano in perpetuo delle lampade», come racconta un documento all’inizio del VI sec. (Baldi, op. cit., p. 232). Oggi ancora si può vedere a Sebastya il luogo, che esse occupavano nella cripta della chiesa del XII costruita sul luogo della basilica bizantina, mentre il ricordo della scoperta della testa del Precursore è legato ad un’altra chiesa, di minori dimensioni, che si trova ad una certa distanza, presso il Forum (foro). Nel 1931, sono stati scoperti, in quest’ultima, degli affreschi, molto danneggiati, rappresentanti la decapitazione di Giovanni e la scoperta della sua testa (F. Zayadine, Samarie, in Bible et Terre Sainte, n. 121 (1970), pp. 6-14, partic. 13-14).
Per quanto concerne la sorte della testa di Giovanni Battista, essa è difficile da ricostruire. Niceforo (Niceforo Callisto Xanthopoulos, Ecclesiasticæ Historiæ, lib. I, cap. 19, in PG 145, col. 689-692) e Simeone Metafraste, in accordo con Giuseppe Flavio (Giuseppe Flavio, Antiquitates Judaicæ, XVIII, 5, 1-2; Id., XVIII, 116-119), affermano che il capo del Battista fu sepolto da Erodiade nella fortezza di Machairos (Macheronte) dove, probabilmente, era stato ucciso. Altri affermano che fosse stato sepolto nel palazzo di Erode a Gerusalemme. Una tradizione vorrebbe, in effetti, che la sacra reliquia della testa, scoperta nella Città Santa sotto l’impero di Costantino, venisse trasferita segretamente ad Emesa, l’odierna Homs, in Fenicia (ora in Siria), e nascosta in un luogo ignoto sino a che non fosse stato manifestato in una rivelazione che portò, nel 452-453, il vescovo Uranio a farne il riconoscimento autentico. Per un’altra tradizione, l’imperatore Teodosio fece deporre ad Hebdomon, un quartiere di Costantinopoli, corrispondente all’odierna Bakırköy, il presunto capo di san Giovanni, un tempo conservato a Gerusalemme da alcuni monaci.
Non si sa nulla di un trasferimento del capo di san Giovanni Battista a Roma. Quello che, ancora oggi, è venerato a San Silvestro in Capite appartiene, non al Precursore, ma a quel celebre prete martire Giovanni, che i pellegrini dell’Alto Medioevo visitavano sulla via Salaria vetus, sul cimitero chiamato precisamente ad septem palumbas ad Caput Sancti Johannis.
Ecco come si esprime il De Locis SS. Martyrum: Inde, non longe in Occidente, ecclesia sancti Johannis martyris, ubi caput ejus in alio loco sub altari ponitur, in alio corpus.
Il suo nome figurava probabilmente nel Martirologio Geronimiano, il 24 giugno, con quello di Festus, ma sarebbe stato senza dubbio assorbito da quello del Precursore. A questo san Giovanni della via Salaria, era dedicata una piccola chiesa speciale, presso quella di San Silvestro, che, in ragione della santa reliquia, prese il titolo di IN CAPITE. La reliquie, secondo una leggenda, la Magna Legenda Sancti Grati, non fondata però su dati storici, sarebbe stata portata a Roma dal vescovo san Grato d’Aosta, il quale, durante un viaggio in Terra Santa assieme a san Giocondo, dai ruderi del palazzo di Erode, sarebbe stato portato da un angelo presso un pozzo da cui riemerse miracolosamente la testa del Battista. Il santo vescovo la raccolse e, nascosta, la portò con sè. Sulla strada del ritorno, ovunque andasse, si verificavano miracoli e le campane suonavano prodigiosamente. Giunto a Roma e presentatosi al papa, egli consegnò la testa del Battista al Pontefice, ma, per prodigio, la mandibola rimase attaccata alle sue mani. San Grato allora la portò ad Aosta ed ancora oggi questa è venerata nella Cattedrale (Per riferimenti, cfr. Amato Pietro Frutaz, Le fonti per la storia della Valle d’Aosta, vol. 1, Roma 1966, pp. 181-182, 194). Per questo motivo, spesso san Grato è raffigurato con tra le mani la testa di san Giovanni. Fino al 1411 la reliquia romana, reputata appartenente al Battista, veniva portata ogni anno in processione da quattro arcivescovi. Il cranio custodito a Roma è senza la mandibola, conservata nella cattedrale di San Lorenzo a Viterbo. La spada del boia troncò il capo di Giovanni, ma su questo capo, come canta Paolo Diacono, nell’inno delle Lodi Ut queant laxis del 24 giugno, Dio ha posto la triplice corona di profeta, di martire e di vergine: Serta ter denis alios coronant Aucta crementis, duplicata quosdam; Trina centeno cumulata fructu Te sacer ornant (Paolo Diacono, Carmen V, De Sancto Joanne Baptista, 10, in PL 95, col. 1597). In onore del glorioso Precursore decollato, furono erette nel basso Medioevo parecchie chiese e confraternite destinate all’assistenza religiosa dei condannati a morte. Produssero un gran bene e, grazie ad esse, la soddisfazione della giustizia umana, tutta avvolta all’epoca di un’atmosfera di compassione e di amore, si elevò all’altezza di un atto di religione, in modo che questi infelici, assistiti da dei “consolatori” e nel bacio del Crocifisso, potevano salire rassegnati al patibolo, felici di poter soddisfare Dio e la società per il crimine commesso. Perciò san Giuseppe Cafasso, “consolatore” zelantissimo dei condannati a morte, diceva: “Su cento appesi, cento salvati!”. A Roma, due chiese erano dedicate alla decollazione di san Giovanni Battista. La prima si trovava vicino alle prigioni di Tor di Nona, di fronte a Castel Sant’Angelo. In questa chiesetta si portavano i condannati a morte perché ricevessero prima della pena gli ultimi conforti religiosi (Cfr. M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, p. 351). L’altra, denominata San Giovanni Decollato o della Misericordia o Santa Maria in Petrocia o della Fossa, nel rione Ripa, esiste ancora oggi, e non è lontana dal Velabro, ed uno dei numerosi privilegi di cui godeva la sua confraternita era di poter, ogni anno, liberare durante la Quaresima un condannato a morte. In questa chiesa si seppellivano, in fosse comuni, i cadaveri dei condannati a morte (Ibidem, pp. 632-633). Esse sono coperte da chiusini in marmo sui quali è scritto: Domine, cum veneris iudicare, noli me condemnare (Signore, quando verrai a giudicare, non condannarmi). Nella camera storica dell’Arciconfraternita sono conservati numerosi cimeli relativi all’attività della medesima: tra le altre cose, il cesto che raccoglieva la testa dei giustiziati, l’inginocchiatoio sul quale Beatrice Cenci recitò l’ultima sua preghiera, le barelle sulle quali i confratelli trasportavano i resti dei condannati a morte per la sepoltura. Riguardo all’origine dell’odierna celebrazione, da un punto di vista liturgico, nel VII sec. a Roma si annunciava al 30 agosto, dopo il natale dei Santi Felice ed Adautto: Et depositio Helisæi et decollatio sancti Iohannis Baptistæ. La doppia menzione di Eliseo e di Giovanni Battista rileva chiaramente l’origine della festa del Precursore. La festa della Decollazione di san Giovanni è incontestabilmente legata ai santuari sorti sulla tomba e sulla sepoltura del capo del Battista. Tito Chartophylax, Icona di S. Giovanni Battista (Ο Άγιος Ιωάννης ο Πρόδρομος), 1536, Chiesa della Panaghia Chryseleousis, EmpaJusepe de Ribera, Testa del Battista, 1644, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid
Jusepe de Ribera, Testa del Battista, XVII sec., Museo civico Filangieri, Napoli
Andrea Vaccaro, Testa del Battista, XVII sec.
Sebastián de Llanos y Valdés, Testa del Battista, XVII sec., collezione privata
Autore anonimo sivigliano, Testa del Battista, XVII sec., Ayuntamiento de Sevilla, Siviglia
Orazio Gentileschi, Carnefice con la testa del Battista, 1612-13, Museo del Prado, Madrid
Belisario Corenzio, Salomé con la testa del Battista, XVII sec.
Martin Faber, Decollazione del Battista, 1616, Musée de Valence, Valence
Pieter Paul Rubens, Decollazione del Battista, 1608-09, National Gallery, Londra
Onorio Marinari, Salomé riceve la testa del Battista appena tagliata, 1680 circa
Onorio Marinari, Salomé con la testa del Battista, XVII sec., collezione privata
Jusepe Leonardo, Decollazione del Battista, 1637 circa, Museo del Prado, Madrid
Giovanni Andrea Ansaldo, Decollazione del Battista, 1615
Il Lezionario di Gerusalemme dell’inizio del V sec. infatti già ne fa menzione. I Bizantini ed i Siriani d’Antiochia la celebrano il 29 agosto; i Copti lo fanno il 30 perché il 29 è il giorno del Nuovo Anno, e gli Armeni il sabato della III settimana dopo la Dormizione della Théotokos. In Occidente, il martirologio geronimiano annuncia la festa alla stessa data, facendo menzione di Sebaste: In Provincia Palestina civitate Sebastea natale sancti Iohannis Baptistæ, qui passus est sub Herode rege. Essa dové essere stabilita a Roma sotto il papa Teodoro (642-649), che era di origine palestinese.
Nei secc. XI e XII, il titolo di «Decollatio» è prevalso a Roma su quello di «Passio», che era dato dai sacramentari dell’VIII sec. Il sacramentario di San Trifone parla di Revelatio capitis, insistendo sull’invenzione della reliquia.
Scuola Napoletana, S. Giovanni nel deserto, XVII sec., collezione privata
Riguardo all’origine dell’odierna celebrazione, da un punto di vista liturgico, nel VII sec. a Roma si annunciava al 30 agosto, dopo il natale dei Santi Felice ed Adautto: Et depositio Helisæi et decollatio sancti Iohannis Baptistæ. La doppia menzione di Eliseo e di Giovanni Battista rileva chiaramente l’origine della festa del Precursore. La festa della Decollazione di san Giovanni è incontestabilmente legata ai santuari sorti sulla tomba e sulla sepoltura del capo del Battista.
Tito Chartophylax, Icona di S. Giovanni Battista (Ο Άγιος Ιωάννης ο Πρόδρομος), 1536, Chiesa della Panaghia Chryseleousis, Empa
Jusepe de Ribera, Testa del Battista, 1644, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid
Jusepe de Ribera, Testa del Battista, XVII sec., Museo civico Filangieri, Napoli
Jusepe de Ribera, Testa del Battista, XVII sec., Museo civico Filangieri, Napoli
Andrea Vaccaro, Testa del Battista, XVII sec.
Sebastián de Llanos y Valdés, Testa del Battista, XVII sec., collezione privata
Autore anonimo sivigliano, Testa del Battista, XVII sec., Ayuntamiento de Sevilla, Siviglia
Orazio Gentileschi, Carnefice con la testa del Battista, 1612-13, Museo del Prado, Madrid
Belisario Corenzio, Salomé con la testa del Battista, XVII sec.
Martin Faber, Decollazione del Battista, 1616, Musée de Valence, Valence
Pieter Paul Rubens, Decollazione del Battista, 1608-09, National Gallery, Londra
Sebastián de Llanos y Valdés, Testa del Battista, XVII sec., collezione privata
Autore anonimo sivigliano, Testa del Battista, XVII sec., Ayuntamiento de Sevilla, Siviglia
Onorio Marinari, Salomé riceve la testa del Battista appena tagliata, 1680 circa
Onorio Marinari, Salomé con la testa del Battista, XVII sec., collezione privata
Jusepe Leonardo, Decollazione del Battista, 1637 circa, Museo del Prado, Madrid
Giovanni Andrea Ansaldo, Decollazione del Battista, 1615
Il Lezionario di Gerusalemme dell’inizio del V sec. infatti già ne fa menzione. I Bizantini ed i Siriani d’Antiochia la celebrano il 29 agosto; i Copti lo fanno il 30 perché il 29 è il giorno del Nuovo Anno, e gli Armeni il sabato della III settimana dopo la Dormizione della Théotokos. In Occidente, il martirologio geronimiano annuncia la festa alla stessa data, facendo menzione di Sebaste: In Provincia Palestina civitate Sebastea natale sancti Iohannis Baptistæ, qui passus est sub Herode rege. Essa dové essere stabilita a Roma sotto il papa Teodoro (642-649), che era di origine palestinese.
Nei secc. XI e XII, il titolo di «Decollatio» è prevalso a Roma su quello di «Passio», che era dato dai sacramentari dell’VIII sec. Il sacramentario di San Trifone parla di Revelatio capitis, insistendo sull’invenzione della reliquia.
Nei secc. XI e XII, il titolo di «Decollatio» è prevalso a Roma su quello di «Passio», che era dato dai sacramentari dell’VIII sec. Il sacramentario di San Trifone parla di Revelatio capitis, insistendo sull’invenzione della reliquia.
Scuola Napoletana, S. Giovanni nel deserto, XVII sec., collezione privata